Abbiamo deciso di intitolare questo articolo utilizzando l’omonimo film del 1999 diretto da Bruce Beresford,in cui una donna viene ingiustamente accusata di omicidio, proprio come è accaduto ai cani di Sparanise che a seguito di un episodio di vicende che sono purtroppo ricorrenti, sono stati messi in canile. Uno degli animali dell’abitazione della suddetta cittadina avrebbe attaccato un altro animale della casa a fianco. A seguito dell’intervento delle Forze dell’Ordine l’animale incriminato e gli altri due che erano con lui sono stati portati in canile. Resta da appurare l’iter seguito da parte delle Istituzioni già informate dei fatti. Anche in assenza di scelte condivise sulla gestione degli animali considerati “pericolosi”, è opportuno assumere comportamenti e modalità operative coerenti con le attuali leggi in materia di tutela animali. È peraltro fondamentale, in genere, ma ancor più nel caso in questione, la condivisione delle scelte operative, poiché gli Enti coinvolti a vario titolo nei processi decisionali sono diversi e tutti devono operare secondo i principi di tutela animale salvaguardando l’incolumità pubblica. E’ necessario, quindi, conoscere il parere della ASL circa la comprovata pericolosità e conoscere le modalità operative previste in caso di un intervento rieducativo, se necessario. Se rinchiusi in canile, i cani non possono restare a carico dello Stato perché si configurerebbe il reato di danno erariale.
La necessità di tutelare sia la sicurezza delle persone sia il benessere degli animali nei casi di aggressività impropria e conseguente pericolosità dei cani rappresenta oggi un tema che sempre più spesso coinvolge l’opinione pubblica, argomento che, peraltro, non è scevro da delicate valutazioni di tipo etico sul considerare colpevoli gli animali e il proprio detentore. Non meno insidiose possono risultare le decisioni da intraprendere da parte di un’associazione il cui precipuo obiettivo è quello di tutelare gli animali anche attraverso la definizione di procedure atte a promuovere e garantire una corretta e sicura gestione dei cani potenzialmente pericolosi senza tralasciare l’importanza di garantire l’incolumità delle persone.
Resta da stabilire la colpevolezza del proprietario. Secondo fonti giuridiche, infatti, il principio di colpevolezza imporrebbe che la responsabilità di un soggetto sia fondata sul nesso di causalità materiale che lega la condotta all’evento. La colpevolezza ricomprende l’insieme delle condizioni psicologiche necessarie per fondare una imputazione personale del fatto al suo autore. Concetti distinti dalla colpevolezza sono la coscienza e la volontà con cui il soggetto compie l’azione, che dimostrano l’appartenenza materiale della condotta allo stesso e l’imputabilità del reo, che si basa sulla sua capacità di intendere e di volere nel momento in cui ha commesso il fatto. Per quanto riguarda gli animali, gli studiosi ritengono che nello studio del loro comportamento si dovrebbe sempre applicare quella che è nota come “legge della parsimonia”. In questo modo, se ci sono due o più spiegazioni di uno stesso avvenimento, si dovrebbe sempre scegliere quella più semplice. In questo caso, prima di un intervento così severo e crudele per gli animali sarebbe stato opportuno appurare se ci sia stata la volontà da parte del proprietario di consentire che tutto ciò accadesse. Chiunque escluderebbe a priori l’idea che il cane abbia aggredito perché colpevole, perché questo lascerebbe intendere che all’animale si riconosca la capacità di elaborare emozioni complesse (come la colpa, l’entusiasmo e l’orgoglio) e un codice morale che gli permette di distinguere tra bene e male. Tuttavia, la reazione del cane può avere una spiegazione molto più semplice. Il cane può aggredire per paura ma non per colpa. Quest’ultima è un’emozione complessa che appare quando l’individuo realizza una trasgressione delle norme e fino ad oggi non è stato dimostrato che i cani abbiano sentimenti di colpa. La paura, invece, è un’emozione di base, comune a tutti gli animali, che compare quando si avverte un pericolo sociale.
Certi di trovarsi di fronte ad una gestione inconsapevole degli animali e riscontrata la buona volontà da parte del detentore di trovare soluzioni migliori per la gestione degli animali, l’Associazione Agriambiente ha scelto di mantenere un atteggiamento propositivo e di fungere da supporto nella gestione di una situazione che è sfuggita al controllo delle Istituzioni. Forse i meno noti ignorano che il soggetto in questione possiede altri animali che comunque vanno tutelati. Per questo motivo l’associazione, oltre ad essere intervenuta per ripulire il luogo dove venivano tenuti i cani incriminati, a sistemare le cucce, a far sterilizzare preventivamente l’unica femmina che conviveva con i due maschi, ha proceduto nel suo intento facendo microchippare gli altri animali, sterilizzare prioritariamente le altre cagne detenute in un luogo diverso, in modo da evitare gravidanze indesiderate e a far adottare gli otto cuccioli nati da una precedente gravidanza. Operiamo secondo la logica che la migliore punizione sia il perdono e solo di fronte a comportamenti ostili adotta misure coercitive per garantire il rispetto della legge.